La diagnosi di sindrome dell'ovaio policistico si basa prevalentemente sulla clinica e, nella maggior parte dei casi, non presenta particolari difficoltà. L'inizio della malattia si può localizzare intorno alla pubertà, con la comparsa di irsutismo, di oligomenorrea e dell'eccesso di peso. Riveste inoltre molta importanza stabilire la progressione dei sintomi dovuti all'iperandrogenismo che, nella policistosi ovarica, restano spesso stazionari o tendono a progredire lentamente.
Al contrario, un iperandrogenismo insorto di recente e rapidamente peggiorativo, richiede che vengano effettuate con urgenza tutte le indagini necessarie a distinguere la sindrome dell'ovaio policistico da un iperandrogenismo di origine tumorale. Nella sindrome dell'ovaio policistico, un esame accurato fornisce un'informazione sufficientemente precisa delle alterazioni ormonali: l'irsutismo, raramente associato a manifestazioni di virilizzazione, si associa ad un normale sviluppo dei caratteri sessuali secondari (buono sviluppo delle mammelle, normale aspetto della mucosa vaginale).
Il quadro ormonale della policistosi ovarica è caratterizzato da: valori elevati di LH con accentuata variabilità tra un prelievo e l'altro; valori medio-bassi di FSH con rapporto LH/FSH aumentato; livelli di testosterone, androstenedione e DHEA-S (altri due ormoni androgeni) modicamente aumentati rispetto alla normalità.
Queste variazioni ormonali sono ben evidenti quando si confrontano i dati ottenuti in un gruppo di pazienti affette da policistosi ovarico con quelli di un gruppo di soggetti normali; tuttavia, i dosaggi ormonali hanno solo un valore indicativo: la normalità di uno o più di essi non esclude la sindrome dell'ovaio policistico.
Nelle pazienti con cicli conservati, il dosaggio del progesterone nella prima e nella seconda metà del ciclo viene utilizzato per evidenziare se i cicli sono ovulatori: nelle pazienti con cicli anovulatori non si osserva il fisiologico aumento dei livelli di progesterone nella seconda fase del ciclo.